Ordinanza n. 151/2001

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N.151

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Fernando SANTOSUOSSO 

- Massimo VARI                     

- Riccardo CHIEPPA             

- Gustavo ZAGREBELSKY              

- Valerio ONIDA                    

- Carlo MEZZANOTTE                     

- Guido NEPPI MODONA                

- Piero Alberto CAPOTOSTI             

- Annibale MARINI               

- Franco BILE             

- Giovanni Maria FLICK                    

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale:

- degli artt. 223 e 224 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51 (Norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado), promossi, nell'ambito di diversi procedimenti penali, con ordinanze emesse il 25 febbraio e il 28 luglio 2000 (sette ordinanze) dal Tribunale di Verona, sezione distaccata di Soave, iscritte ai nn. 566 e da 734 a 740 del registro ordinanze 2000, pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 42 e 49, prima serie speciale, dell'anno 2000;

- dell'art. 223 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, nonchè degli artt. 224 del predetto decreto legislativo n. 51 del 1998 e 446 del codice di procedura penale, promosso, nell'ambito di un procedimento penale, con ordinanza emessa il 4 maggio 2000 dal Tribunale di Locri, iscritta al n. 569 del registro ordinanze 2000, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell'anno 2000.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 4 aprile 2001 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.

Ritenuto che con ordinanza emessa il 4 maggio 2000 il Tribunale di Locri ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, due diverse questioni di legittimità costituzionale: l’una avente ad oggetto l’art. 223 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51 (Norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado), nella parte in cui prevede che solo nei giudizi di primo grado in corso alla data di efficacia del decreto l'imputato possa chiedere, prima dell'inizio dell'istruzione dibattimentale, il giudizio abbreviato; l’altra concernente gli artt. 446 del codice di procedura penale, come modificato dall’art. 33, comma 1, lettera a), della legge 16 dicembre 1999, n. 479 (Modifiche alle disposizioni sul procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica e altre modifiche al codice di procedura penale. Modifiche al codice di procedura penale e all'ordinamento giudiziario. Disposizioni in materia di contenzioso civile pendente, di indennità spettanti al giudice di pace e di esercizio della professione forense) e 224 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, nella parte in cui non consentono, salvo che nei giudizi di primo grado in corso al 2 giugno 1999 (data di efficacia del decreto legislativo n. 51 del 1998), che l'imputato possa avanzare richiesta di patteggiamento prima dell'inizio dell'istruzione dibattimentale;

che il Tribunale di Locri premette che, nell’ambito di un procedimento nel quale il decreto di rinvio a giudizio era stato pronunciato dal giudice dell’udienza preliminare il 22 settembre 1999, nella fase degli atti introduttivi al dibattimento, quattro imputati hanno chiesto di essere giudicati con il rito abbreviato e un altro imputato ha chiesto l’applicazione della pena ex art. 444 cod. proc. pen.;

che, ad avviso del rimettente, ai sensi degli artt. 223 e 224 del decreto legislativo n. 51 del 1998 le richieste non sono ammissibili, non vertendosi in ipotesi di giudizio già in corso alla data di entrata in vigore del decreto medesimo, e in quanto la richiesta di patteggiamento, proposta dopo l’entrata in vigore della legge n. 479 del 1999, risulta altresì preclusa dalle modifiche recate dall’art. 33 di tale legge all’art. 446 cod. proc. pen.;

che di conseguenza, con riferimento alla prima questione, il Tribunale rimettente ritiene che l’art. 223 del decreto legislativo n. 51 del 1998 sia in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., in quanto irragionevolmente comporta che un imputato, al quale la normativa precedente precludeva la possibilità di chiedere di essere giudicato con il rito abbreviato, può vedersi riconosciuta detta opportunità soltanto ove ricorra la circostanza, del tutto casuale, che il suo processo fosse pendente alla data del 2 giugno 1999;

che l’imputato verrebbe quindi privato del diritto di essere giudicato "secondo il meccanismo che gli consente di patire, in caso di condanna, una pena più mite";

che, quanto alla seconda questione, ad avviso del Tribunale gli artt. 446 cod. proc. pen., come modificato dall’art. 33 della legge n. 479 del 1999, e 224 del decreto legislativo n. 51 del 1998 sarebbero in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., in quanto all’imputato rinviato a giudizio a seguito di udienza preliminare celebrata successivamente al 2 giugno 1999 sarebbe irragionevolmente preclusa la possibilità di chiedere in dibattimento di essere giudicato con il rito previsto dall'art. 444 cod. proc. pen. soltanto perchè del tutto casualmente il processo non era già pendente al 2 giugno 1999, e sarebbe ingiustificatamente riservato un trattamento deteriore rispetto agli imputati il cui processo era invece in corso a tale data;

che anche in questo caso l’imputato verrebbe privato del diritto di essere giudicato con un rito che gli "consenta di patire, in caso di affermazione di responsabilità, una pena più mite";

che con otto ordinanze, emesse in data 25 febbraio 2000 e 28 luglio 2000, il Tribunale di Verona, sezione distaccata di Soave, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., questione di legittimità costituzionale degli artt. 223 (evocato solamente nell’ordinanza n. 566 del 2000 e 224 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, nella parte in cui non prevedono la possibilità di accedere "ad applicazione di pena anche per l'imputato che, avendo proposto opposizione a decreto penale di condanna dopo la data del 2/6/99, ma prima della data del 2/1/2000, non ne abbia fatta espressa richiesta con l'atto di opposizione";

che il Tribunale di Verona premette che, prima del compimento delle formalità di apertura del dibattimento, gli imputati avevano avanzato in udienza, con il consenso del pubblico ministero, richiesta di applicazione della pena;

che tali richieste sarebbero da ritenere inammissibili perchè, in assenza di disposizioni transitorie e in virtù del principio tempus regit actum, nei dibattimenti celebrati dopo il 2 gennaio 2000 devono trovare applicazione le disposizioni vigenti al momento della decisione, introdotte dalla legge n. 479 del 1999 in materia di termini per la proposizione della richiesta di applicazione della pena;

che, tuttavia, l’immediata applicabilità della nuova disciplina a procedimenti instaurati a seguito di opposizione a decreto penale di condanna presentata prima della sua entrata in vigore sarebbe in contrasto con l’art. 3 Cost., per l'ingiustificata diversità di trattamento riservata a imputati che hanno proposto opposizione a decreto penale di condanna prima del 2 gennaio 2000, a seconda che tale opposizione sia precedente ovvero successiva al 2 giugno 1999;

che la disciplina censurata violerebbe inoltre l’art. 24 Cost. perchè modifica arbitrariamente, in corso di causa e con effetto retroattivo, le regole relative alla possibilità di accedere ai riti alternativi, cui conseguono consistenti riduzioni di pena;

che é intervenuto nei giudizi il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la Corte dichiari inammissibili o infondate le questioni concernenti l'immediata applicabilità ai procedimenti in fase dibattimentale dei nuovi termini di decadenza per la richiesta di patteggiamento e restituisca gli atti al Tribunale di Locri in relazione alla questione, sollevata con l’ordinanza iscritta al n. 569 del r.o. del 2000, avente ad oggetto l’esperibilità in via transitoria del giudizio abbreviato in dibattimento (art. 223 del d.lgs. n. 51 del 1998), alla luce dello jus superveniens costituito dall’art. 4-ter del decreto-legge 7 aprile 2000, n. 82, recante "Modificazioni alla disciplina dei termini di custodia cautelare nella fase del giudizio abbreviato", convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1 della legge 5 giugno 2000, n. 144.

Considerato che il Tribunale di Locri solleva, nella medesima ordinanza, due diverse questioni di legittimità costituzionale, censurando con la prima l’art. 223 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, in quanto consente soltanto all’imputato il cui processo era pendente al 2 giugno 1999 di chiedere e di accedere al rito abbreviato fino all’inizio dell’istruzione dibattimentale; con la seconda, gli artt. 446 del codice di procedura penale, come modificato dall’art. 33 della legge 16 dicembre 1999, n. 479, e 224 del decreto legislativo n. 51 del 1998, in quanto consentono all'imputato di avanzare richiesta di patteggiamento in dibattimento, prima dell'inizio dell'istruzione dibattimentale, soltanto nei giudizi di primo grado che erano in corso alla data del 2 giugno 1999;

che il Tribunale di Verona prospetta censure analoghe, lamentando che gli artt. 223 e 224 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, in materia di istituzione del giudice unico di primo grado, non dettano una disciplina transitoria che regoli l'applicabilità ai procedimenti in corso delle nuove disposizioni in tema di termini di decadenza per la presentazione della richiesta di patteggiamento, introdotte dalla legge 16 dicembre 1999, n. 479;

che identica é la sostanza delle questioni concernenti i termini entro i quali deve essere presentata a pena di inammissibilità richiesta di applicazione della pena, per cui deve essere disposta la riunione dei relativi giudizi;

che dalle ordinanze di rimessione emerge che tutte le questioni di legittimità costituzionale si riferiscono a situazioni processuali nelle quali la vocatio in jus si colloca in un momento compreso tra la data di efficacia del decreto legislativo n. 51 del 1998 (2 giugno 1999) e la data di entrata in vigore della legge n. 479 del 1999 (2 gennaio 2000);

che con le censure aventi a oggetto gli artt. 446, comma 1, cod. proc. pen. e 224 del decreto legislativo n. 51 del 1998 il Tribunale di Locri denuncia che l'autonoma incidenza delle due norme nei dibattimenti instaurati dopo l'entrata in vigore della legge n. 479 del 1999, a seguito di rinvio a giudizio successivo alla data in cui é divenuto efficace il d.lgs n. 51 del 1998, condurrebbe in ogni caso a escludere che l'imputato possa avanzare richiesta di patteggiamento nella fase degli atti preliminari del dibattimento;

che, ad avviso del rimettente, tale facoltà, da un canto sarebbe oramai esclusa dal nuovo testo dell'art. 446 cod. proc. pen., dall'altro non sarebbe neppure riconosciuta in via transitoria, ratione temporis, dall'art. 224 del d. lgs. n. 51 del 1998;

che il tribunale rimettente presuppone, dunque, che i nuovi termini per la presentazione della richiesta di patteggiamento previsti dall'art. 446 cod. proc. pen., in assenza di un'apposita disciplina transitoria, si applichino indiscriminatamente ad ogni situazione processuale in corso, nonostante comportino effetti di decadenza con efficacia retroattiva, che si sarebbero già verificati in un momento in cui la nuova normativa non era ancora in vigore;

che, come questa Corte ha già avuto modo di affermare con le ordinanze n. 560 del 2000 e n. ... del 2001, tale presupposto interpretativo é palesemente erroneo in quanto, "anche in mancanza di qualsiasi norma transitoria, il nuovo equilibrio delineato dal legislatore tra le fasi delle indagini preliminari, dell'udienza preliminare e del giudizio dibattimentale, cui é strettamente collegata la mutata disciplina dei procedimenti speciali, conduce necessariamente ad escludere che i nuovi termini di decadenza possano riguardare procedimenti nei quali tali termini sarebbero oramai scaduti, essendo già stato disposto il rinvio a giudizio al momento dell'entrata in vigore della legge n. 479 del 1999";

che pertanto la questione di legittimità costituzionale formulata con riferimento all'art. 446 cod. proc. pen. va dichiarata manifestamente infondata;

che, per quanto concerne la questione, sollevata dal Tribunale di Locri, avente ad oggetto l'art. 224 del d.lgs. n. 51 del 1998, nella parte in cui non prevede che l'imputato possa presentare in dibattimento richiesta di applicazione della pena anche nei giudizi instaurati successivamente al 2 giugno 1999 e pendenti alla data di entrata in vigore della legge n. 479 del 1999, e le analoghe questioni riferite agli artt. 223 e 224 del citato d.lgs., sollevate dal Tribunale di Verona, con la già menzionata ordinanza n. 560 del 2000 questa Corte ha rilevato che "le norme transitorie contenute nel decreto legislativo n. 51 del 1998 non hanno - nè avrebbero potuto avere, stante la successione cronologica dei due provvedimenti legislativi - alcun collegamento con la disciplina dell'istituto del patteggiamento introdotta dalla legge n. 479 del 1999" e che "le disposizioni censurate sono irrilevanti rispetto all'applicazione dei nuovi termini di decadenza della richiesta di applicazione della pena, per il motivo assorbente che la legge che ha modificato tali termini non era ancora venuta ad esistenza";

che pertanto le relative questioni vanno dichiarate manifestamente inammissibili;

che, infine, circa la questione avente ad oggetto l’art. 223 del d. lgs. n. 51 del 1998, nella parte in cui non prevede che l'imputato, quando l’istruzione dibattimentale non ha ancora avuto inizio, possa chiedere in dibattimento il rito abbreviato anche nei giudizi instaurati dopo il 2 giugno 1999, successivamente all'ordinanza di rimessione, l’art. 4-ter della legge 5 giugno 2000, n. 144 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 aprile 2000 n. 82, recante "Modificazioni alla disciplina dei termini di custodia cautelare nella fase del giudizio abbreviato"), ha innovato il quadro normativo di riferimento, consentendo di presentare richiesta di rito abbreviato nei giudizi di primo grado nei quali non sia ancora iniziata l’istruzione dibattimentale;

che, pertanto, gli atti relativi a tale questione devono essere restituiti al giudice rimettente, perchè verifichi se la questione stessa sia tuttora rilevante nel giudizio a quo.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 446 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale di Locri, con l'ordinanza in epigrafe;

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 224 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51 (Norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale di Locri, con l'ordinanza in epigrafe;

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 223 e 224 del predetto decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale di Verona, sezione distaccata di Soave, con le ordinanze in epigrafe;

ordina la restituzione al Tribunale di Locri degli atti relativi alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 223 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 maggio 2001.

Cesare RUPERTO, Presidente

Piero Alberto CAPOTOSTI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 17 maggio 2001.